Se per il private equity il leverage è come il vino, ricordando la citazione di chiusura del mio precedente contributo, in questa occasione vorrei usare il paragone enologico per descrivere le diverse “tipologie” del leverage.
Le classificazioni del vino sono molteplici, legate alla posizione geografica, terreno, suolo, clima, vitigno, modalità di coltivazione, di vinificazione e di affinamento in cantina, modalità di commercializzazione e di consumo. Ogni vino ha la sua peculiarità e le sue sfumature ma, in generale, la classificazione in base all’abbinamento ai cibi è probabilmente il modo più noto e pragmatico per derivare delle macrocategorie di riferimento.
Lo stesso vale per il leverage. Ogni contratto di debito nel private equity ha connotati di unicità ma, in generale, esistono macro-tipologie di debito “abbinabili” a diverse situazioni o fasi dell’investimento in private equity. Senza entrare nei dettagli che esulano dallo scopo narrativo e che richiedono competenze specialistiche – della stesura e gestione di questi contratti si occupano i principali studi legali mondiali – vado quindi a illustrare le diverse situazioni di utilizzo del leverage nel private equity in diverse fasi. Spero che la migliore comprensione e il consapevole consumo del vino/leverage possa migliorare l’appetito e la qualità del pasto/private equity.
Lo starter
Deciso di condividere il “pasto”, investitore (Limited partner o Lp) e gestore (General partner o Gp) intavolano le dinamiche rituali che seguono la sottoscrizione del fondo (nel mondo anglosassone il Limited partneship agreement, Lpa, o qualche struttura collegata, come feeder).
La prima situazione in cui una struttura di leverage viene utilizzata in un fondo di private equity è quella delle linee di credito per la sottoscrizione (subscription line). La subscription line è un contratto di finanziamento a breve termine (a 30, 90 e 180 giorni e comunque sotto l’anno), normalmente a tasso variabile (Libor+spread), concesso da uno o più finanziatori e garantito dal commitment, ovvero dal diritto a chiamare il capitale dagli investitori. Questo tipo di finanziamento può essere revolving, ovvero la linea di credito si può riattivare una volta rientrato l’importo finanziato.
La subscription line è normalmente utilizzata per ottimizzare le chiamate di capitale, evitandone un inefficiente frazionamento, spesso oneroso a livello operativo, e per gestire il capitale circolante del fondo ad un costo relativamente contenuto. Ad esempio, le prime chiamate di capitale possono essere legate a pagamenti di commissioni e a flussi di cassa legati al primo investimento. Invece di far effettuare quattro versamenti in un semestre, il fondo potrebbe ottenere le disponibilità di cassa presso la banca d’appoggio e chiedere poi un’unica contribuzione di capitale alla fine del semestre per chiudere il finanziamento.
Le subscription line sono state oggetto di scrutinio perché il loro utilizzo ha degli effetti distorsivi sul calcolo della performance con le metodologie tradizionali, normalmente incrementando il tasso interno di rendimento (Tir o Irr) e riducendo i multipli sul capitale.
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